
" CITTÀ DEL VATICANO, 16 marzo 2012 – Hanno suscitato un certo scalpore due recenti articoli apparsi in Italia nei quali si prefigura l’ipotesi che Benedetto XVI si dimetta, anche al fine di influenzare la scelta del proprio successore.......
Gli autori di questi articoli sono Giuliano Ferrara sul quotidiano "Il Foglio" di cui è direttore, il 10 marzo:
> Le dimissioni del papa
e Antonio Socci sul quotidiano "Libero", l'11 marzo:
> Le (im)possibili dimissioni del papa
Ferrara non è credente, Socci è cattolico militante. Entrambi sono noti per una sincera ammirazione nei confronti di papa Joseph Ratzinger.
Al di là comunque delle buone intenzioni dei due, l’ipotesi da loro adombrata non risulta avere fondamento.
Intanto perché chi ha avuto modo di incontrare Benedetto XVI, anche dopo l’uscita dei due articoli, non ha avuto affatto l’impressione di avere di fronte un papa che stia meditando di dimettersi. Tutt’altro. Sia per quella sua capacità di cogliere i nessi necessaria per ogni atto di governo, sia per l’orizzonte non temporalmente ristretto con cui, sempre "a Dio piacendo", egli procede nella guida della Chiesa universale.
E poi perché nulla è più alieno dalla storia e dalla personalità di Ratzinger che il solo pensiero di manovrare, anche se con nobili intenti, per la propria successione. Un’ipotesi, questa, canonicamente “eversiva”. L’unico modo legittimo per un pontefice di influenzare la scelta del futuro papa sta nella creazione dei cardinali. E scorrendo i nomi di quelli scelti da Benedetto XVI dal 2006 a oggi non risulta che vi sia un chiaro disegno di ipotecare il futuro conclave, che nella "mens" di Ratzinger, come in quella di ogni buon credente, deve essere affidato innanzitutto allo Spirito Santo.
Ciò detto, rimane il fatto che nel libro-intervista "Luce del mondo", uscito nel novembre 2010, Benedetto XVI afferma (ribadendo un pensiero da lui già espresso prima d'essere eletto al soglio di Pietro): ''Se un papa si rende conto con chiarezza che non è più capace, fisicamente, psicologicamente e spiritualmente, di assolvere ai doveri del suo ufficio, allora ha il diritto e, in alcune circostanze, anche l'obbligo, di dimettersi".
È lo stesso codice di diritto canonico a prevedere questo caso al canone 332 comma 2: "Nel caso che il Romano Pontefice rinunci al suo ufficio, si richiede per la validità che la rinuncia sia fatta liberamente e che venga debitamente manifestata, non si richiede invece che qualcuno la accetti".
Più complicato è il caso in cui il papa sia colpito da una malattia invalidante che gli impedisca di comunicare in qualsiasi modo o lo renda incapace di intendere e di volere. Non ci sono norme pubbliche (ma potrebbero esserci dei protocolli riservati) che regolino questo caso e quindi stabiliscano, tra l'altro, quale sia l’autorità che abbia la facoltà di dichiarare impedito il papa. "
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